22 Giugno 2012
Biodiversità e agricoltura, strategia nazionale da migliorare

E’ stato convocato per la prima volta il tavolo di consultazione per la biodiversità, istituito presso il Ministero dell’Ambiente, per valutare con i soggetti portatori di interessi (organizzazioni professionali agricole, associazioni ambientaliste, Regioni, associazioni di categoria e sindacati) lo stato di attuazione della Strategia Nazionale per la Biodiversità approvata nel 2010.
Il direttore generale Renato Grimaldi ha evidenziato l’importanza dell’investire nella biodiversità dal momento che nel nostro paese la ripresa economica potrebbe partire proprio dalle risorse peculiari del nostro territorio e, cioè, paesaggio, turismo e cultura. L’ambiente deve essere tutelato anche attraverso interventi di prevenzione. L’economia, oggi, non può più seguire il percorso di un tempo: produrre senza porre attenzione all’ambiente. Il caso del terremoto è emblematico: una delle regioni più ricche d’Italia è ora fortemente penalizzata perché le strutture produttive sono state costruite senza tener conto dei criteri antisismici e del contesto ambientale.
Pertanto, è importante individuare le risorse finanziarie già esistenti che possono sostenere il processo di sostenibilità. Investire nella biodiversità ha detto il direttore Grimaldi, comporta anche un cambiamento deciso nella gestione dei parchi che sono di fatto degli enti del tutto autonomi, dotati delle competenze necessarie per poter garantire la propria sopravvivenza. Ha, quindi, evidenziato come tali enti non possono più cullarsi nel vecchio sistema di gestione che faceva affidamento sui fondi pubblici, tra l’altro, finora per lo più impiegati per le spese di personale, ma devono attraverso le professionalità in loro possesso, avviare delle iniziative progettuali attraverso le quali tali enti possano autofinanziarsi.
Al fine di migliorare la gestione delle aree protette da parte degli enti parco sarebbe utile introdurre, periodicamente, un sistema di valutazione periodico dei miglioramenti che in termini di biodiversità si riscontrano all’interno dei singoli parchi. Infine, il direttore generale ha sottolineato come la tutela della biodiversità può dare un ritorno economico in termini turistici. A tale proposito, sarebbe opportuno incentivare il turismo nelle sue forme alternative (ad. es. l’agriturismo, i percorsi escursionistici in montagna, )rispetto ai tradizionali villaggi turistici che favoriscono la cementificazione e non promuovono i prodotti agricoli del territorio. In tal modo, si creerebbe un volano di sviluppo anche per la filiera agricola attraverso la produzione e vendita di alimenti di qualità legati al territorio che sarebbero degustati dai turisti in loco.
Il Ministero dell’Ambiente ha evidenziato che due sono i percorsi principali su cui si sta lavorando: il primo è quello della mobilitazione di tutte le risorse finanziarie non ancora spese, esistenti a livello comunitario e nazionale e la seconda è l’attuazione delle misure relative a Natura 2000.
Il Ministero ha poi illustrato cosa è stato realizzato per procedere all’attuazione degli obiettivi della Strategia Nazionale sulla Biodiversità: creazione di un sistema di contabilità ambientale volto a quantificare il capitale naturale (fauna, vegetazione/flora, acqua); individuazione di indicatori di valutazione della Strategia nazionale; istituzione del Portale Natura Italia attivo alla pagina Internet: http://www.naturaitalia.it/home_it/index.html; creazione di osservatori regionali per la biodiversità.
Coldiretti, nel sottolineare la disponibilità a fornire il proprio contributo nel tavolo di consultazione ha sottolineato, in premessa, come il lungo percorso al quale ha ampiamente partecipato in termini di proposte per l’elaborazione della Strategia nazionale non abbia poi condotto ad un documento finale soddisfacente per quanto riguarda il capitolo relativo al rapporto tra biodiversità ed agricoltura, in quanto non sono state recepite le indicazioni che si riteneva prioritario adottare in tale settore.
La parte del Piano relativa all’agricoltura contiene, infatti, un elenco di azioni che sono misure già in corso di attuazione, da anni, tramite i Piani di Sviluppo Rurale, mentre non tiene in considerazione i tre punti fondamentali che aveva chiesto Coldiretti: previsione di una norma per il vincolo della destinazione d’uso dei terreni adibiti ad attività agro-silvo-pastorali; utilizzo da parte degli enti territoriali e degli enti parco delle convenzioni tra amministrazioni pubbliche e imprese agricole per l’attuazione di misure di ripristino degli habitat ed interventi di tutela ambientale, di cui alle due leggi di orientamento in agricoltura e nel settore forestale; valorizzazione del ruolo ambientale svolto dalle imprese agricole all’interno dei parchi tramite la riforma della l. 394/91 sulle aree protette.
Pertanto, si è chiesto che l’avvio di questa nuova fase di lavoro tenga maggiormente in considerazione i contributi delle diverse associazioni, istanza questa condivisa anche da altri. Coldiretti ha evidenziato come il limite principale dell’attuale politica di interventi a favore della biodiversità sia il fatto che Rete Natura 2000, in Italia, di fatto è ancora all’anno zero. Delle risorse stanziate dai Piani di Sviluppo Rurale per tale misura (circa 9 milioni di Euro), la 224, è stato speso solo lo 0,58%, una cifra risibile se si pensa che la spesa finora realizzata per le misure agro-ambientali è pari al 54,35% delle dotazione di risorse assegnate (3 miliardi e 952 milioni di Euro)
Ciò è dovuto al fatto che i piani di gestione sono stati redatti solo da pochissime Regioni (Lazio, Marche, Sardegna) e, quindi, o non è stata attivata la misura dei Psr Natura 2000, o, comunque, anche se attivata, non sono state pagate le indennità previste per le imprese agricole. Ciò comporta che si stanno attuando solo le misure obbligatorie previste dal regime di condizionalità degli aiuti previsti dalla Pac e non quelle a cui gli imprenditori agricoli possono aderire volontariamente dietro compenso delle indennità.
Il problema che non trova soluzione anche per mancanza di coordinamento tra i diversi soggetti pubblici coinvolti (Ministero delle politiche agricole, Regioni, con i rispettivi assessorati all’agricoltura e all’ambiente, Commissione Europea) è dovuto anche al fatto che le Regioni hanno difficoltà a realizzare il complesso sistema di controlli che richiede la Commissione UE per l’attuazione di tale misura dei Psr.
Il risultato è che al momento le imprese agricole situate nelle aree della Rete Natura 2000 sono penalizzate in termini di reddito rispetto a quelle situate al di fuori delle aree Sic e Zps in quanto soggette a vincoli e restrizioni senza poter percepire le relative indennità.
Infine, Coldiretti rispondendo alle critiche sollevate da alcuni rappresentanti del mondo ambientalista secondo le quali gli agricoltori, sul territorio, si oppongono alla realizzazione di rete Natura 2000 ha osservato come la resistenza si crei quando gli enti gestori delle aree SIC e ZPS intendono imporre dei vincoli, equiparando, erroneamente, tali zone ai parchi. E’ noto come secondo le linee guida di attuazione delle direttive Habitat ed Uccelli, formulate dalla Commissione Ue, tali aree non siano soggette al medesimo regime vincolistico dei parchi, ma ad un livello di tutela meno stringente.
La Commissione Ue, in tutti i documenti ufficiali, sottolinea sempre che nelle aree di rete Natura 2000 le attività economiche devono poter essere svolte compatibilmente con la tutela dell’ambiente e che non esiste alcun divieto aprioristico in tal senso, se non quando la valutazione d’incidenza in merito ad un preciso intervento che ha un impatto ambientale rilevante, ponga la necessità di un divieto. E’ noto, infatti, che nei Sic e Zps può essere consentita addirittura l’attività venatoria. Pertanto, Coldiretti ha sottolineato che in Italia Rete Natura 2000 non sta dando i risultati attesi, a causa non degli agricoltori, ma delle Regioni che, nell’ambito dei rispettivi assessorati all’agricoltura e all’ambiente, non riescono a scogliere, i nodi burocratici e progettuali per l’attuazione delle misure.

IMPRESA VERDE CAMPANIA – ENTE DI FORMAZIONE

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