E’ a rischio il marchio “Il Nostro” dopo la decisione unilaterale della Centrale del Latte di Salerno di abbassare il prezzo del latte riconosciuto agli allevatori di sei centesimi al litro. Una situazione che preoccupa i numerosi allevatori salernitani aderenti alla Coldiretti Salerno, ieri riuniti in Assemblea. “Coldiretti Salerno – sottolinea in una nota il presidente provinciale Vittorio Sangiorgio - ha salutato in maniera positiva il coraggio e la lungimiranza di un imprenditore del sud deciso ad investire in un brand così importante per il territorio. Adesso, però, è a rischio il marchio “Il nostro” che per anni ha rappresentato un vanto per la provincia di Salerno. Con questi presupposti e un prezzo di mercato così basso, gli allevatori sono decisi ad uscire dal sistema. A quel punto, di “salernitano” nel latte della Centrale rimarrebbe ben poco. E’ uno smacco per il nostro settore agroalimentare e un rischio per i consumatori che sarebbero disposti a spendere anche qualche centesimo in più a busta pur di avere la certezza di bere latte di alta qualità. Un latte – ricorda Sangiorgio - che viene prodotto solo da allevamenti salernitani, garantito, tracciabile e che nelle 24 ore viene portato dalla stalla alla tavola. Coldiretti ha fatto del Km 0 una filosofia sposata dai consumatori – e sono migliaia - che vedono nelle produzioni del made in Salerno garanzia di qualità. Con il latte, purtroppo, rischiamo di perdere questa “salernitanità” favorendo altri marchi a scapito dello storico brand Centrale di Salerno”. Nella missiva inviata agli allevatori, la nuova proprietà parla di necessità di “mantenere gli attuali volumi produttivi, in un mercato sempre più competitivo e che vede ormai una flessione sul prezzo della materia prima”, facendo riferimento al prezzo alla stalla della Lombardia. Si va, dunque, dagli attuali 43,75 centesimi al litro ai 38,05 decisi dalla nuova proprietà. “Non è facile sintetizzare, in una cifra, il reale costo di produzione del latte – spiega il direttore di Coldiretti, Salvatore Loffreda – che cambia nei diversi distretti produttivi italiani. Le variabili sono tante: la collocazione territoriale, la resa della mandria, il grado di approvvigionamento aziendale di foraggi e mangimi, il rapporto manodopera familiare/manodopera dipendente e, soprattutto, la dimensione aziendale. In provincia di Salerno sono più numerose le piccole aziende che ovviamente ammortizzano meno taluni costi fissi rispetto alle grandi aziende della Lombardia. La voce che maggiormente incide sull’aumento del costo di produzione è sicuramente quella dell’alimentazione, che indicativamente costituisce circa 1/3 del totale, tenendo conto che i nostri allevatori utilizzano esclusivamente mangimi di altissima qualità. D’altra parte si sono registrati importanti aumenti anche per le voci carburanti ed elettricità”. La Coldiretti, infine, ribadisce la necessità di tutelare il “made in Salerno” e di attuare un serio piano industriale che favorisca la crescita della Centrale e ne faccia sempre più un marchio di riferimento del sud Italia.